A proposito di anglicismi

Che si intende per anglicismo? La prima definizione probabilmente è quella dell’Enciclopedia Chambers (1840), tradotta in seguito a Venezia, dove si definisce anglicismo “una voce o una frase dell’idioma inglese, ovvero un modo di parlare“. Di solito si tratta di locuzioni o costrutti importati nella forma originale e lasciati come tali nella comunicazione radiotelevisiva, nel giornalismo e nell’uso quotidiano (business is business; time is money e molti altri).

Negli ultimi anni, più che giustificati sono stati i dibattiti e le discussioni sull’uso smodato e poco sensato degli anglicismi cui molti ricorrono per mostrare di saperli e di essere cool e si sono sparsi fiumi d’inchiostro sull’argomento. I linguisti ed i puristi insistono sull’opportunità di evitarli quando vi sia l’equivalente in italiano. Vi sono poi i false friends (i falsi amici), parole che vengono spesso tradotte erroneamente per via del suono o della grafia simili all’italiano, come ad esempio lecture che non è “lettura” ma “conferenza” o locals, cioè gli abitanti di un luogo precisato e non i “locali” come ambienti. A mio avviso, il problema va esaminato da un altro punto di vista: tanti termini anglofoni vengono usati in modo errato, a volte non significano alcunché o suscitano solo perplessità nei soggetti di madre lingua.

L’elenco è lungo ma in cima metto senza esitazione smart working. Non sono pochi i linguisti inglesi che si sono chiesti chi abbia inventato tale espressione. Nell’ordinamento italiano essa viene definita come “una modalità di esecuzione del rapporto di lavoro […] con forme di organizzazione per cicli ed obiettivi senza precisi vincoli di orario e luogo di lavoro”. In inglese l’espressione esatta che rende il concetto è in realtà working from home o remote working, situazione che però è improbabile per chi sceglie di fare esperienza attraverso uno stage. Questo è un altro termine che trae in inganno e suscita incertezza anche per quanto riguarda la pronuncia. Se stage è pronunciata come in francese, si intenderà riferita ad un periodo di studio o addestramento per acquisire pratica in un determinato campo o attività professionale. Lo stesso concetto in inglese verrà reso con internship e lo stagista è un intern. Certo gli stagisti hanno magri guadagni e non potranno mai permettersi uno…smoking! Smoking deriva da smoking jacket (giacca da fumo), una veste da camera che i fumatori un tempo indossavano con lo scopo di preservare l’abito dall’odore del tabacco. Smoking è gerundio del verbo to smoke ed è anche sostantivo, sta per “fumo”.

In occasione di un evento importante si indosserà un tuxedo, abito elegante che prende il nome dal Tuxedo Park, un country club del New Jersey frequentato da facoltosi uomini d’affari, da top managers, top executives ecc. Ebbene, la parola top usata per indicare il massimo o il meglio di qualcuno o di qualcosa, va sempre seguita da un sostantivo. E se siete qualcuno top, però, non datevi troppe arie dicendo di aver acquistato un loft in centro, perché in realtà tale termine in inglese traduce “solaio” o “soppalco”. Dite piuttosto che avete acquistato una penthouse, termine inventato da un editore, Bob Guccione nel 1965, con il quale volle indicare un attico, simbolo di alto livello sociale. L’elenco potrebbe continuare a lungo perché tanti sono gli esempi che suscitano davvero sorpresa per il loro vero significato. Quel che conta è saperli usare al momento giusto e nel giusto contesto, e soprattutto non abusarne!