In Italia, circa il 67% degli anziani (65 anni e oltre, 7 su dieci) non sa usare Internet, stando ai dati ISTAT del 2020, ma si registra un miglioramento dopo la pandemia. Infatti, se il cosiddetto “digital divide” pesa ancora su molti, soprattutto sulle fasce più avanti con l’età e con minore scolarizzazione, gli anziani apprezzano sempre più internet e le comunicazioni digitali. Donne e uomini abituati al vecchio telefono nero che pendeva all’ingresso, angosciati quando, in casi di necessità, non avevano gli spiccioli per chiamare da una cabina pubblica o quando non riuscivano a ricordare i numeri dei propri cari, nel giro di pochi anni si sono trovati catapultati nello sviluppo esponenziale delle comunicazioni virtuali. Spesso si arrendono, si sentono analfabeti e alieni e si ritirano in buon ordine, impotenti a fronteggiare la complessità delle competenze necessarie e le misteriose nuove sigle di cui sentono parlare (Spid CIE, gay, LGBTQ+). Sono costretti a dipendere dai più giovani, nativi digitali, e dagli esperti. Se un tempo si sentivano richiedere dai nipoti le monete per telefonare, ora li supplicano di insegnare loro questa e quella operazione di comunicazione digitale. Ne hanno bisogno per affrontare per operazioni che li riguardano ormai regolate dai nuovi sviluppi della pubblica amministrazione, come ad esempio lo SPID o l’accesso al cedolino pensione. La frustrazione crescerà man mano che il digitale assumerà un’importanza crescente. Di qui la necessità di assicurare programmi adeguati di digitalizzazione per gli anziani, tenendo conto che nel 2040 saranno oltre 19 milioni, con incrementi del 38,5% (+5,4 milioni di over-65).
I vantaggi dell’uso delle nuove tecnologie sono notoriamente incommensurabili e costituiscono un’ancora di salvezza, specie per chi ha più di 60 anni e rischia il peggiore dei mali, ossia la solitudine. In Italia l’ISTAT rileva che più del 15% degli anziani vive in condizione di isolamento sociale e di apatia. La necessità spinge le persone della terza età a imparare a usare i moderni dispositivi e a riempire i vuoti della diaspora dei familiari, pur di non ritrovarsi depressi. Attaccarsi allo smartphone significa sentirsi parte di una grande comunità, in cui si può essere presenti, esprimere la propria opinione, ricevere un sorriso, qualche apprezzamento, una parola gentile, scambiare foto, video. messaggi vocali, raccontare la propria vita fidando, a torto o a ragione, che al di là dello schermo qualcuno ascolti e non fugga come talvolta accade con nipoti e familiari.
Uno dei compiti della nostra epoca è aiutare a superare la linea di demarcazione che separa un anziano aggiornato da quello che si è arreso e rimane fermo al passato. Chi ci riesce scopre i benefici enormi delle piattaforme, a livello cognitivo, affettivo, sociale. Infatti gli studi sul tema confermano il potenziamento dell’umore, la riduzione dei sintomi depressivi, il miglioramento della salute mentale e della qualità della vita.
Fondamentale è anche saper discernere i contenuti e gli obiettivi delle informazioni, per non cadere vittime degli scoop, delle trappole di chi vuole estorcere denaro o semplicemente impressionare le menti e i cuori. Infatti le piattaforme sono progettate per catturare l’attenzione e bombardare i cervelli attraverso la diffusione di notizie, le pubblicità, i contenuti attrattivi ed erotici, l’eccesso di cronaca nera. Non si tratta quindi soltanto di saper manovrare i pulsanti, ma di individuare i messaggi che i grandi network ritengono meritevoli di attenzione, valutarne gli effetti, riconoscere il diverso peso dato alle notizie, difendersi dalla indifferenza di messaggi dati per equipollenti, alle notizie contraddittorie, al rischio di un ribaltamento di valori.
Anche gli anziani inoltre debbono guardarsi dal rischio non solo adolescenziale della dipendenza dagli strumenti tecnologici: si può ritrovarsi a riempire ogni momento della giornata con una continua immersione nel mondo digitale, al punto da rendere difficile disconnettersi. La fruizione eccessiva sottrae tempo prezioso ad altre attività essenziali per un invecchiamento sano ed equilibrato. È noto che per gli anziani è fondamentale potersi fare una bella passeggiata all’aria aperta o parlare con la vicina come si faceva una volta nella piazzetta di paese lavorando a maglia. La tecnologia invece può incoraggiare comportamenti sedentari, il che influisce negativamente sulla salute fisica generale, sulla capacità di concentrazione, sulla memoria. Se il tempo dedicato all’intrattenimento online non è bilanciato da attività fisiche e sociali, se non c’è equilibrio tra la vita online e quella offline, gli anziani possono sperimentare un declino complessivo del loro benessere fisico e mentale. Studi scientifici dimostrano la correlazione tra l’uso prolungato della tecnologia e l’aumento del rischio di problemi cardiovascolari, obesità, riduzione della mobilità articolare soprattutto nei più fragili psicologicamente, culturalmente e spiritualmente.
Problematico è anche l’uso dello smartphone prima di dormire, perché ha un impatto significativo sul sonno in tutte le età della vita: riduce la produzione di melatonina, l’ormone che regola il ciclo del sonno, rendendo più difficile addormentarsi. Similmente se al risveglio la prima azione è controllare messaggi. Può causare affaticamento, stanchezza cronica, problemi di memoria e aumento di stress e ansia.
Aiutare gli anziani a migliorare la qualità della vita traendo vantaggio dal digitale significa sostenere l’inclusione sociale per non lasciare indietro nessuno. Di fatto però la società non è ancora attrezzata a rispondere efficacemente al disagio di quanti devono svolgere adempimenti o usufruire di servizi e non hanno le conoscenze necessarie. Occorrerebbero specifici punti di assistenza, corsi di alfabetizzazione digitale, incontri di gruppo, laboratori e progetti intergenerazionali per non lasciare indietro nessuno. Sono iniziative che riguardano tutti: figli, nipoti, volontari, educatori, amministratori locali. Non sarebbe il caso di considerare un’opera di volontariato e di carità tipica del mondo contemporaneo quella di aiutare i nonni e i loro amici a gestire le nuove tecnologie?
Giulia Paola Di Nicola