Avversario, non nemico

Si avvicina la Pasqua e la pace è nelle attese, nei simboli, nei riti. Nella realtà ciascuno di noi, impotente a siglarla ad alti livelli, può costruirla impegnandosi ad apprendere a convivere con la pluralità delle opinioni, nel rispetto di quanti si oppongono alle nostre. È proprio questo il tratto distintivo della democrazia.
Mancando il rispetto delle posizioni opposte, che siano maggioranza o minoranza, viene meno la democrazia. E’ legittimo
che altri abbiamo in scienza e coscienza visioni e soluzioni diverse, benché contrarie alle nostre.
Benché questo assunto sia teoricamente condiviso, si ha l’impressione di un lento ma inesorabile processo di transizione
verso un modello politico che demonizza la parte avversa.

I mass media, le forze politiche, la società civile, pullulano di discorsi tesi a negare la legittimità dell’avversario politico a governare. Si va alla ricerca di contenuti e metodi attaccabili. Tutti i mezzi sono buoni per contraddire, ridicolizzare, colpire il tallone d’Achille dell’avversario e diffondere critiche caustiche sul suo operato, servendosi dei talk show, delle vie giudiziarie, di veri, supposti o costruiti scandali economici o sessuali. L’obiettivo non è proporre soluzioni migliori, alternative più fattibili, integrazioni valide, ma svalorizzare il pensiero e l’operato dell’avversario, distruggerne la reputazione, intaccarne l’integrità morale, screditarlo di fronte all’elettorato. Donne e uomini a parole decisamente contro la violenza, immancabili nelle manifestazioni per la pace a sventolare bandiere, che all’occasione tirano fuori il morbo dell’intolleranza, della violenza verbale, delle accuse infondate o non verificate.

Il danno è per l’Italia tutta che sembra incapace di impegnare tutte le sue forze su obiettivi condivisibili, che la
sollevino dagli innumerevoli problemi che l’assillano. Un costume che non si limita all’Italia. «Comportamenti che
meritano di essere condannati e bollati come antidemocratici, considerato che erodono le radici della democrazia rendendola
sempre più vulnerabile. È una forma di potere esercitata in modo sottile e sofisticato attraverso la cultura e i mass media, che sta avvelenando le società occidentali dall’America all’Italia. Un atteggiamento che affonda le proprie radici nella pretesa della
superiorità morale, per cui valori buoni e cultura stanno da una sola parte mentre gli altri non meritano altro che disprezzo. Da una parte gli illuminati dall’altra i barbari e fascisti da educare ai veri valori».

Ciò vale per la vita politica, ma anche per le relazioni tra appartenenti a religioni diverse, ciascuna delle quali pretende di
avere in tasca la verità. Ammonisce La Commissione Teologica Internazionale: «Ancora oggi molti degli aderenti alle religioni, e le società stesse che le abbracciano, vivono all’interno di un pensiero religio-centrico al di fuori del quale non possono
dialogare con altre verità. Solo la loro religione è “la Verità” e a margine di essa non possono riconoscere l’esistenza di altre
“verità”, al plurale».
E’ stato schioccante l’intreccio politico, economico e diplomatico tra Kirill e Putin contro l’Occidente e il
Cattolicesimo di Roma. Kirill ha benedetto la guerra di Putin e ha prodotto il rafforzamento della presa di posizione contraria degli ortodossi Ucraini e non solo. Di conseguenza, non si sono create le condizioni per ricevere papa Francesco, pellegrino di pace.
Russi e Ucraini sono ancora nella fase dell’esasperazione dei gesti offensivi diretti (bombardamenti) e indiretti (hakeraggio di siti istituzionali, spinte migratorie forzate dall’Africa o dalla Turchia, minacce di disastri nucleari vicino a Zaporižžja).

E noi? È opportuno domandarsi se si è realmente «operatori di pace» o piuttosto del quieto vivere, quando non diventiamo
indirettamente complici delle scelte che i governanti fanno per noi. La pace è alienazione o al più consolazione, se non si traduce in impegno a rimuovere le condizioni che la impediscono e che sono all’origine delle guerre. Per non rimanere indifferenti, estranei, pigri di fronte a ciò che nega e compromette il cammino della pace: violenza e crimini di guerra, tortura e terrorismo, campi di concentramento, stupri di massa, corsa agli armamenti, minaccia nucleare, occorre collaborare con «tutti coloro che veramente cercano la pace, promuovendo un’opera educativa capillare per sconfiggere l’imperante cultura dell’egoismo, dell’odio, della vendetta e dell’inimicizia», favorendo l’instaurazione di un ordine sociale e internazionale giusto, a cominciare dai luoghi in cui siamo noi protagonisti.

Se vuoi la pace, semina la pace. Siamo capaci di pace nei condomini, nel quartiere, nell’associazione, nel gruppo di famiglia? Di certo non ci verrà chiesto se eravamo pronti ad accogliere russi o ucraini, ma nel nostro microcosmo siamo
corresponsabili del clima relazionale che viviamo, per non essere “parlatori “della pace” ma “Beati gli operatori di pace”.