L’amore divino: un mistero di follia e bellezza

30 Maggio 2023

L’amore di cui Maria è stata fatta oggetto è un mistero affascinante e inesauribile. Dio fa a lei – e in lei a noi – il dono più grande: se stesso. Per Papa Francesco: «Gesù è il dono di Dio per noi»[1]. Il Padre – come Gesù invita a chiamare Dio – è per Maria lo sposo, il papà di Suo Figlio, a cui lei può rivolgersi in modo unico e divenire ‘potente’ nella sua piccolezza, per la condivisione del linguaggio agapico[2]. Tale Padre non agisce secondo logiche umane ma secondo quella ‘follia’ d’amore – intuita già da Platone e sviluppata dai mistici – che disorienta e riorienta.

Amore e bellezza elevano e purificano l’anima sotto l’influsso dello Spirito, come sottolinea San Paolo: «L’uomo lasciato alle sue forze non comprende le cose dello Spirito di Dio: esse sono follia per lui, e non è capace di intenderle, perché di esse si può giudicare per mezzo dello Spirito» (1Cor 2, 14). Gregorio Nisseno precisa: «I concetti formano idoli di Dio, soltanto lo stupore coglie di lui l’eco e il barlume»[3]. Per S. Weil: «La follia d’amore inclina a discernere e preferire ugualmente, in tutti gli ambienti umani senza eccezione, in tutti i luoghi del globo, le fragili possibilità terrestri di bellezza, di felicità e di pienezza; ad augurarsi di preservarli tutti con una cura ugualmente religiosa; là dove mancano, ad augurarsi di riscaldare teneramente le minime tracce di quelle che sono esistite, i più piccoli germi di quelle che possono nascere»[4].

[1] Papa Francesco, Twitter 4.I.2019, consultabile in https://twitter.com/pontifex_it?lang=it (visit. il 04.01.2019).

[2] «Abbà, Padre del Figlio eterno, generato in te, Figlio che mi hai concesso, mediante il tuo Spirito, di generare nella natura umana in vista della Chiesa e per la redenzione del mondo» (G. Philips, Le Saint-Esprit et Marie dans l’Église. Vatican II et perspective du problème, in «ÉtMar» 25 (1968), 37, cit. in A. Valentini, Teologia… cit., 224.

[3] Cf A. Valentini, Teologia mariana, EDB, Bologna 2019, 275.

[4] EL, 56. È noto che la Weil considerava Platone un mistico (Weil, Intuitions préchrétiennes, La Colombe, éd. Du Vieux Colombier, Paris 1951, 50-51. Cf G.P. Di Nicola – A. Danese, Simone Weil. Abitare la contraddizione, Dehoniane, Roma 1991). Sulla figura di Maria S. Weil è disorientata e, da amante della cultura greca, cita il Timeo (50 b – c – d): «La Santa Vergine, dal momento che occupa un posto così centrale nel cielo nella teologia cattolica, non è Maria, ma qualcosa che ha un rapporto col Verbo analogo al rapporto di Maria con Gesù, altrimenti come la si potrebbe mettere al di sopra degli angeli? È Demetra; la Grande madre; Astarte, Cibele ecc. La Santa Vergine è stata incarnata in Maria come il Verbo in Gesù. Ed è proprio questo che Platone chiama qui la Madre. Ma che cos’è?» (C II, 403-404).