La conoscenza di sé in Dio. Chiara Lubich nella scia della tradizione spirituale cristiana

La conoscenza di sé in Dio. Chiara Lubich nella scia della tradizione spirituale cristiana

Domingos Dirceu Franco, Città Nuova-Sophia, Roma, 2022

Nell’ambito della collana Tracce dell’Istituto Universitario Sophia di Loppiano (FI), tra le pubblicazioni di carattere inter e transdisciplinare, è apparso questo volume corposo centrato sul ben noto Conosci te stesso con cui Socrate – assumendo quanto scritto sul frontone del tempio di Apollo a Delfi, (gnoti sauton , conosci te stesso) chiariva il senso della filosofia indicando ciò che si deve fare per vivere nel modo migliore. Se si conosce se stessi, si riconoscono anche i propri limiti, non ci si deifica e nel contempo si perseguono valori eterni come l’onestà, la giustizia, la solidarietà.


Il tema attraversa tutta la storia della filosofia e perciò è inevitabile l’evocazione di Agostino d’Ippona, per il suo famoso: In interiore homine habitat Veritas (De vera religione), fino a Kierkegaard, ammiratore di Socrate, che prendendo le distanze dall’astrattezza della filosofia esalta la ricerca esistenziale su se stesso, a Nietzsche che in Ecce homo cerca di penetrare in sé per indicare come si diventa ciò che si è, alla psicoanalisi e al suo tentativo di mettere a nudo l’inconscio, perché l’io non ne sia dominato e impedito a realizzarsi armoniosamente. L’autore si concentra prevalentemente sulla grande letteratura cristiana, il che lascia poco spazio al confronto con maestri del sospetto che scuotono un pensiero centrato sul soggetto.

Paul Ricoeur ricordava frequentemente a proposito della domanda: Chi sono io? che lo scossone inferto dalla psicanalisi portava a essere sospettosi della conoscenza di sé: L’io non è padrone in casa propria, il che correlativamente invoca prudenza sulla conoscenza di Dio. L’autore fa appello a Socrate per sottolineare la radicata necessaria ricomposizione in ogni persona tra essere, morale e felicità: il bene per l’essere umano, se vuole vivere una vita piena e felice in modo duraturo e
non effimero, è accordare la propria unicità al nucleo di fondo del suo essere più profondo, il che non va senza prendere atto dei limiti chel’accompagnano. Eppure lo stesso Socrate in quel So di non sapere pur avendo invitato a conoscersi, riconosce di non avere i mezzi per raggiungere un sapere adeguato. Con lui si apre la strada ad una attitudine esistenziale perennemente dialettica che la filosofia riconosce poiché una vita senza ricerca non è vita umana (Platone, Apologia di Socrate, 38 a).

Partendo da questi presupposti, la ricerca di Domingos Dirceu Franco si concentra sul lavoro dell’io che sollecitato a raggiungere la parte migliore di sé, attraversando la pazienza del tempo con la volontà e la tenacia, indispensabili alle prove della vita, mira a pervenire all’equilibrio interiore. La tematica socratica appare come una sapiente risposta alle tendenze della cultura postmoderna che esalta una libertà senza freni che di fatto si rivela eterodiretta rispetto ai registi esterni delle
mode, dei mass media, del pensiero dominante, dell’idolatria della scienza e della tecnologia digitale.

A tal fine l’autore propone un viaggio attraverso la storia del pensiero, soffermandosi sulla tradizione cristiana, scandita in 3
momenti: 1.da Origene e i Padri greci e latini fino a Bernardo di Chiaravalle, 2. la modernità letta con gli occhi di Caterina da Siena e con la mistica del Carmelo, 3.l’attenzione speciale rivolta a Chiara Lubich, nella quale l’autore vede ricomposto e rinnovato il portato della tradizione. Del carisma dell’unità, l’autore indica l’eccellenza della vita comunitaria proprio ai fini della conoscenza di sé, giacché in essa è Gesù stesso, come promesso (Mt 18,20) che si fa presente e illumina la conoscenza di sé.

L’insistenza dell’autore sulla necessità di non isolarsi nel viaggio della vita è pienamente in linea col magistero di Papa Francesco: Non siamo autosufficienti da soli; da soli affondiamo. Infatti nella comunità lo sguardo dell’altro sull’io convoca, interpella, sprona a potenziare le risorse migliori, contribuisce a modificare la percezione di sé e del mondo rispetto alle illusioni dell’autogratificazione. L’essere umano, che è relazionale dalla nascita, via via nel cammino della sua esistenza intreccia l’io con quanti incontra, sicché neanche può dire “io” senza richiamare e coinvolgere in tale affermazione i
tanti volti e le tante storie con cui ha intrecciato il corso della sua vita, secondo la bella espressione di W. Schapp ( In Geshichten verstrickt ), ripetutamente raccolta da Ricoeur. Non è solo una costatazione di fatto, ma anche vettore di eticità: essere con gli altri è essere per gli altri, ovvero accompagnare la domanda Chi sono io? con Chi sono io, i
miei talenti, la mia esistenza?

Il libro tiene fede alla sua origine come tesi e in quanto tale segue un percorso storico ben documentato, che può essere un valido strumento di studio. Al confronto con personaggi e testi che approfondiscono la tematica della conoscenza di se stessi e di Dio si aggiunge l’attrazione meditativa di cui il lettore può profittare. Ciò non toglie che ci si domandi se si possa davvero considerare automaticamente convincente la convinzione secondo cui sia possibile la giusta conoscenza di sé alla luce di Dio, rispetto alla conoscenza di sé in chiave psico-sociale, filosofica, spirituale: a quali condizioni si rendono compatibili ed anzi armoniosamente e reciprocamente arricchentisi, la conoscenza di sé, la vita comunitaria, la vita spirituale e mistica? Se è certamente un fecondo correttivo dell’io un percorso esistenziale accompagnato da una comunità che condivide l’ideale
dell’unità, fino a che punto si può essere sicuri di riuscire ad assumere lo sguardo di Dio su ciascuno? È realmente possibile nella vita comunitaria, nutrita di spiritualità dell’unità, considerare veritiera la conoscenza di sé in Dio? Non si tratta di una pretesa rischiosa, se mira alla certezza e non riconosce previamente la miseria di tutti i componenti della comunità, tutti soggetti alle notti oscure e tutti bisognosi di comprensione e misericordia? In altri termini il rischio è di scambiare lo sguardo di Dio col proprio o col ‘nostro’, assolutizzando impropriamente punti di vista che restano parziali e
fallibili.

Anche la pur eccellente vita comunitaria non sfugge alla tentazione di trarre conclusioni errate o parziali o ambivalenti su
quella che è la volontà di Dio su ciascun componente e che potrebbero rivelarsi inadeguate ed anzi talvolta controproducenti. Il mistero dell’io resta pur sempre anche il mistero di Dio, giacché siamo fatti a Sua immagine.

Prof.ssa Giulia Paola Di Nicola

Filosofa, sociologa, già docente universitaria di sociologia della famiglia, saggista, fondatrice con Attilio Danese del Centro Ricerche Personaliste e della rivista “Prospettiva Persona” col quale scrive spesso a quattro mani. Tra le sue pubblicazioni singole segnaliamo: Ben più che Madonna. Rivoluzione incompiuta, Effatà, Torino 2021; Antigone. Figura femminile della trasgressione, Tracce, Pescara 1991; Tra le sue pubblicazioni con A. Danese: Ignazio Silone. Percorsi di una coscienza inquieta, Effatà, Torino 2011; Con o senza Dio? Per una spiritualità della relazione coniugale, Effatà, Torino 2005; Simone Weil. Abitare la contraddizione, Dehoniane, Roma 1991.

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