Palloni (s)gonfiati

E allo stesso tempo la consapevolezza di essere in guerra, e quindi in pericolo, vede nella concentrazione di tutto il potere nelle mani di una ristretta casta una normale e inevitabile condizione per la sopravvivenza.

   (G.Orwell, 1984)

Ci sono realtà che si fanno naturalmente metafora: come, incerta fra surreale e grottesca, la vicenda del pallone-spia cinese (anzi due, anzi quattro…) in volo sulle nostre teste anzi su quelle americane, vaporizzato poi come in un’orwelliana distopia. Metafora di un’umanità che ha perduto cielo e terra: palcoscenici, quello e questa, per giochi di potere che al tragico uniscono il grottesco; scene su cui si recita a soggetto lo scadente spettacolo dei potenti che litigano e frignano – non ci gioco più, me possino ceca’ se vengo ancora a trovarti – come ragazzotti scemi in sala giochi.

E se dai palloni in cielo, gonfiati-gonfiabili-sgonfiati-abbattuti-polverizzati, riportiamo lo sguardo a terra – ben fornita anch’essa di palloni – ecco ogni sorta di “sistemi d’arma” a spasso per l’Europa che neanche ne I cannoni di Navarone

Carri armati Abrams, carri armati Leopard, carri Challenger, missili Patriot, missili Samp-T e via sferragliando; a cui presto si aggiungeranno gli aerei Caccia F-35 e F-16, se il presidente ucraino la spunta perché lui è come Virna Lisi, con quella bocca può dire ciò che vuole.

Ma è tutto a fin di bene, eh! sono solo armi da difesa, e noi a pensar male, guarda tu! Lo ha detto Crosetto, e lui sì che se ne intende, esemplare gigante in estinzione di maschio alfa in sembianze quasi antropomorfe, vallo a contraddire.

Ci si sente un po’ idioti, ammettiamolo, nello star a guardare pochi scellerati giocare a spartirsi il mondo, le tecnologie, le materie prime; nel lasciarli fare senza muovere muscolo salvo brontolare perché il muro contro il quale stiamo per schiantarci si avvicina a ogni passo; nell’assistere alle guerre fredde di ritorno e a quelle calde mai finite perché giocare ai soldatini è sempre un paccutissimo affare; nell’ingoiare senza un fiato le esibizioni muscolari dei governi ad ogni latitudine; nel trovare “normale”, invece che inquietante, l’elefantiaco muscolar militaresco e, va da sè, ridicolo apparato di rappresentanza con cui la Germania, per fare solo un esempio, accoglie ogni capo di stato in visita (compresa la Meloni-Giorgia-Mamma-Cristiana-Italiana); nel tributare standing ovation sul suolo patrio a un presidente-firma-facile che parla di pace nel mondo – come una qualsiasi missitalia dal secolo scorso in qua – mentre la Repubblica che presiede ci trascina a rotta di collo nella guerra in spregio della propria stessa Costituzione e approva stanziamenti dissennati per armi e ancora armi e ancora armi, e più ne approvano più i palloni si gonfiano, vedi Crosetto.

Si gonfiano le industrie armaiole ammericane ed europee ed italiote, le borse schizzano alte come fuochi d’artificio, le linee di produzione faticano a soddisfare le richieste. Rheinmetall, General Dynamics, Lockheed Martin, Raytheon, Bae Systems brindano e festeggiano come matti. Evviva evviva.

Ma c’è poi quest’altra realtà, metafora tragica del basso stato e frale che ci è dato in sorte. Ed è questa terra che sussulta e si sposta e si sfascia e si sbriciola e annienta povere vite – perché, verghianamente, all’aria ci vanno i cenci – dove più il potere e il malaffare dei potenti hanno steso dita adunche e speculato, condonato tombalmente, abusato: come nel paese dell’Erdogan oggi impudente “mediatore di pace”, da sempre pallone anche lui.

È quando l’ingranaggio salta, che mostra la grottesca inconsistenza di palloni-spia, di sistemi d’arma, di parate militari, di trionfi militaristi, di deliri d’onnipotenza. Si fa beffe in un amen, nostra madre Terra, della farneticante superbia di palloni gonfiati, del pettoruto orgoglio di nazioni che un’onda / di mar commosso, un fiato / D’aura maligna, un sotterraneo crollo Distrugge sì, che avanza / A gran pena di lor la rimembranza*

*G.Leopardi, La Ginestra o Il fiore del deserto, 1836.