D’Annunzio Michetti Levi: La figlia di Iorio, Abruzzo forte e gentile

D’Annunzio Michetti Levi: La figlia di Iorio, Abruzzo forte e gentile

Tonino Di Natale e Luciana Anna Roscioli, EditPress Edizioni, 2024

Il libro si compone di tre capitoli. Nei primi due Tonino Di Natale presenta una biobibliografia di D’Annunzio e Michetti arricchita di personali ricerche storiche. Nel terzo capitolo Luciana A. Roscioli presenta e descrive, con giudizi critici, “Abruzzo forte e gentile/Impressioni d’occhio e di cuore”, l’opera di Primo Levi  che con questo titolo coniò la nota locuzione.

E’ imperniato sulla biobibliografia di D’Annunzio, sulla sintesi geostorica dell’Abruzzo, iniziando dal rispetto della Riserva del Borsacchio, sul commento della tragedia dannunziana e sull’analisi della grande tela di Michetti. Sono presenti i calchi del volto e della mano del Poeta, rilevati poco dopo la morte e oltre trenta manoscritti del poeta custoditi in varie biblioteche dell’Abruzzo e del Lazio. D’Annunzio scrisse la tragedia nel 1903 in diciotto giorni, vent’anni dopo aver assistito a Tocco da Casauria con Michetti alla scena della figlia di Iorio inseguita dalla torma dei mietitori eccitati per farne violenza. La tela di Michetti fu realizzata tra il 1893 e il 1895 quando si mostrò compiuta e possente, con una perfezione che ha grande analogia con la cristallizzazione dei minerali nel ventre delle montagne. Il pittore ha dipinto i soggetti in atteggiamenti caratterizzati da sensazioni alterate dall’ubriachezza e dalla stanchezza. I colori squisitamente estetici evidenziano il comportamento aggressivo della torma di mietitori imbestiati dal sole ed eccitati dalla lussuria. Nel corpo di quei personaggi egli ha rappresentato l’espressione dell’esistenza vissuta per stimolare l’osservatore ad entrare nei personaggi all’interno del quadro.

La novità principale del libro riguarda il dipinto di Michetti. 

Sugli otto personaggi della tela Di Natale ha sviluppato una sua interpretazione psicologica, ancorché psicoanalitica e fisiognomica che mai è stata descritta. Soltanto D’Annunzio si è espresso con brevi note sugli atteggiamenti dei cinque “incanati”. Di Natale si è soffermato sulla psicoanalisi dei soggetti osservando le espressioni e le posture assunte e sull’elaborazione dei manoscritti della tragedia dannunziana che rivelano le dinamiche inconsce del loro stato d’animo. La grande tela di Michetti è collocata nella “Sala La figlia di Iorio” della Provincia di Pescara, proprietaria, che ne ha autorizzato la diffusione concedendo il Patrocinio per questa pubblicazione. I 261 manoscritti della tragedia son esposti nel Museo Barbella di Chieti. “La figlia di Iorio” rappresenta il dramma vissuto dal popolo abruzzese prevalentemente agricolo che, per volontà dell’Autore, utilizza vocaboli con un linguaggio aulico, forzatamente ricercato, con detti antichi rispetto all’epoca di composizione dell’opera.

Di Natale ha evidenziato anche i contatti con alcune donne che hanno avuto relazione col poeta per il suo discutibile carattere innato di conquistatore sentimentale. La donna di elezione è stata l’attrice Eleonora Duse che lo avviato verso la tragedia. Barbara Leoni, un amore travolgente e personaggio principale nel “Trionfo della morte”. Il Vate ha avuto anche rifiuti da donne di integerrimi principi morali come Lina Cavalieri alla quale si rivolse con un approccio verbale fuori posto e fulminato con insolita acredine dall’attrice. Ma la donna che D’Annunzio ha tentato di circuire per oltre dieni anni è stata Vinca De Filippis Delfico, discendente dalla famiglia di Melchiorre Delfico, andata sposa a Simone Sorge di Nereto in provincia di Teramo. Dal Carteggio tra Gabriele D’Annunzio e Vinca Sorge Delfico, a cura di Paola Sorge, si rilevano i comportamenti umani di un amore cercato ma rifiutato. Questa passione si giustapponeva alla frequentazione dello scrittore appena avviata a Roma con Barbara Leoni che non condivideva le frequenti apparizioni dell’amante in casa Sorge. Il carteggio di Paola Sorge è intitolato, dopo l’esplicita dichiarazione d’amore del Poeta, “Sono dieci anni che vi giro intorno” attratto dal fascino di Vinca, religiosissima e incorruttibile, come la chimera più desiderabile. Vinca ha lasciato un manoscritto, ritrovato a Nereto e, rivolgendosi a D’Annunzio autore di “Il piacere” inviatole, si dice sconvolta dopo aver letto quel romanzo e rispose: “Ma perché scrivete voi di questi libri…la vostra penna, che potrebbe sollevarsi altissima, la degradate così, costretta incessantemente nella miseria la più triste”. Dopo questa risposta D’Annunzio si spogliò dei panni del corteggiatore per tornare a vestire quelli dell’amico.

Levi è attratto dal paesaggio e dagli artisti di cui scrive i meriti. Nel 1882 pubblicò “Abruzzo forte e gentile impressioni d’occhio e di cuore”, magnificando persone e luoghi di notevole interesse storicoculturale creando una mirabile fusione tra vita e arte: da Michetti e Patini a D’Annunzio, da Ovidio a Celestino V, da Barbella a Francesco Paolo Tosti, da Gaetano Braga a Giovanni Verga. Levi inizia parlando dei due tipi diversi di solitudine: quella che si sente sulla spiaggia, davanti al mare, e quella che si sente sulla cima di un monte innevato. Solitudini diverse, ma entrambe riescono a parlare al cuore e all’anima delle persone. Parla poi dei due pittori Michetti e Teofilo Patini: “Due espressioni, due tendenze, ben diverse, se non assolutamente opposte, dell’arte; due ingegni diversamente grandi; due attitudini diversamente eccezionali; due caratteri diversamente forti; due anime diversamente interessanti. Nelle loro opere è possibile vedere tante tracce del passato e nello stesso tempo aspirazioni del futuro.

Nacque sventurato Patini, perchè l’anima sua, veramente forte e gentile, potesse con seria profondità riflettere le sventure di tutta una razza; continuò ad esserlo, perchè a questo compito sacro egli si sentisse condotto, come all’adempimento di un dovere naturale. La preziosità dell’opera di Patini parla alle coscienze oltre che agli occhi e al cuore dei visitatori delle sue mostre: “L’arte tua è stata ora una protesta, che ha scosso la gente di pensiero, ed ha spaventato la gente di piacere”.

Nacque fortunato Michetti, perchè nella sua anima balda e serena potesse lietamente riflettersi tutta la vitalità di una razza a cui s’apre, non più un Cielo incerto e lontano, ma sopra questa istessa terra, il futuro: continuò ad esserlo, perchè nell’adempimento veritiero di questo compito felice, ei non fosse turbato dalle imagini di una soggettiva tristezza.”

P.s.: Il libro sarà presentato a Pescara nella Sala Provinciale “La figlia di Iorio” (Piazza Italia n° 30) il 19 aprile p.v. e successivamente a Teramo nella Biblioteca Melchiorre Delfico e nella sede di Teramo Nostra in via F. Romani n°1, dopo aver concordato le date con le rispettive Presidenze.

Luciana A. Roscioli e Tonino Di Natale