Sorelle tutte

Sorelle tutte

CONVERSAZIONE CON LE AUTRICI

  Il Centro di Ricerche Personaliste, in collaborazione con il Centro Studi Vincenzo Filippone-Thaulero e il Club del Libro di Pineto, ha organizzato un incontro con le Autrici del libro Sorelle Tutte, pubblicato da Edizioni la Meridiana, per la collana paginealtre.

   Il testo, che comprende tre saggi, in qualche modo collegati alla enciclica Fratelli Tutti, di Papa Francesco I, è opera di  tre teologhe, da anni studiose del ruolo femminile nell’ambito della religione cristiana, considerato e analizzato in chiave dichiaratamente di rivendicazione di una equità, ancora lontanissima, e del riconoscimento del valore paritario dei generi. Conosciamole meglio. Elizabeth E. Green vive e lavora a Cagliari, città nella quale svolge il ministero pastorale presso l’Unione Cristiana Evangelica Battista d’Italia. È socia del Coordinamento Teologhe Italiane. Ha scritto numerosi libri, anche in collaborazione con altre autrici, imperniati sui temi della teologia femminista.  Selene Zorzi insegna all’Istituto Teologico Marchigiano e presso un liceo di Verona, socia del Coordinamento Teologhe Italiane, accreditata presso la International Coach Federation, autrice di numerosi testi dedicati alla condizione femminile nell’ambito della Chiesa. Simona Segoloni Ruta è docente presso l’Istituto Teologico di Assisi; autrice di numerose pubblicazioni sul tema donna. Fa parte del consiglio di direzione dell’ATI ed è vicepresidente del Coordinamento delle Teologhe Italiane.

   La tesi sostenuta dalle tre Autrici, con varie argomentazioni, e presentata nella prefazione di Elvira Zaccagnino, direttore della casa editrice, punta sostanzialmente a riaffermare l’istanza di giustizia delle donne, che ritengono di essere profondamente discriminate nell’ambito della Chiesa Cattolica e a sottolineare le omissioni, i silenzi o le timidezze nel testo del Pontefice, sul ruolo femminile nell’Istituzione, pur riconoscendo lo sforzo di apertura all’alterità e di inclusione delle marginalità, operato dal Papa. Si lamenta ancora una lentezza eccessiva nel lavoro di risanamento di un vulnus, almeno come tale avvertito, dalle donne all’interno dell’Istituto Ecclesiale, che non trovano parità di considerazione, accesso  e gestione nelle strutture  del Magistero. Al contrario, la stessa ampia volontà inclusiva, “si presta troppo facilmente all’esclusione di molte e molti”. Da questa impressione di persistente resistenza a una piena apertura all’universo femminile, nasce l’idea di descrivere la sororità, da qui il titolo Sorelle Tutte. Definizione che non vuole solamente descrivere la specularità con la fratellanza, ma esprime, invece, una cesura, una rima di frattura, tuttavia necessaria, con una società, solo nominalmente, “neutrale e universale”, nella pratica, invece, sostanzialmente maschile, costituire un baluardo di difesa e, al contempo, un mezzo di assalto alle troppe resistenze al pieno riconoscimento del femminile.  La condizione della donna, ancora per troppi versi marginale nella società, è manifestamente ostacolata nella Chiesa, nella quale persistono blocchi e pregiudizi, fuori dal tempo, secondo il giudizio delle teologhe. Le stesse si chiedono se non sia necessaria una trasformazione anche nel linguaggio, con l’adozione delle moderne forme indefinite, al fine di modificare la concezione patriarcale, che trova nelle forme espressive stesse, una conferma della collocazione subalterna della donna. L’invito o l’esortazione, che pervade l’intero testo, è nei confronti della Chiesa e del Pontefice a non essere “spaventata dal Vangelo che annuncia”.

   Un punto sul quale spesso ritornano sia la Zaccagnino, nella prefazione che, soprattutto, la Green, nel suo saggio di apertura, è proprio la questione del linguaggio, non solo considerandone la sostanziale elisione del genere femminile, operata nella nostra lingua, nel discorso generale, ma più specificatamente, nella mancata esplicitazione della compresenza delle donne. Una vera inclusione, secondo le Nostre, richiederebbe che non si sottendesse alcunché: “Nominare le persone, le storie, i fatti, significa dare loro statuto di esistenza. Riconoscerne pieni diritti e dignità.” Questa svolta viene invocata come manifestazione di parresia e indicata dalle Autrici quale imprescindibile segno di una svolta, ormai inevitabile per la Chiesa Cattolica, se non vuole essere lasciata indietro dai tempi.

   Dai propri rispettivi punti di vista le tre teologhe esprimono, con vivezza e chiarezza, la loro proposta di accelerazione del processo di integrazione e parificazione delle donne nella vita e nella conduzione della Chiesa; traendo riferimenti dal testo dell’enciclica e dalla Scrittura e dalla lettura dei loro lavori, si traggono argomenti forti e una disamina serrata da cui traspare la passione e l’impegno che dedicano a questa problematiche. Si potrebbe quasi dire che il libro si legge quasi di getto, se non fosse evidente che, al contrario, necessita di una disamina attenta e meditata, per coglierne le implicazioni e valutare la portata dei ragionamenti.  

   Non è questa la sede per riportare, nemmeno in forma estremamente succinta, gli argomenti e le tesi dei tre saggi, sarebbe necessario riproporne sostanzialmente il testo. Invitiamo chi volesse approfondire l’argomento a leggere Sorelle Tutte; siamo sicuri che i lettori sapranno trovare ampi spunti di riflessione e tutti gli elementi per una critica serena.

Riflessioni e momenti di analisi e di critica che hanno caratterizzato la serata dell’incontro con le tre Autrici, in collegamento on line.

   Ha cominciato la Green, alla quale Vincenzo Di Marco, Presidente del Centro Studi Vincenzo Filippone-Thaulero, aveva proposto alcune riflessioni sul “posizionamento” dell’osservatore che pronuncia un giudizio, sulla particolare lettura della parabola del Buon Samaritano, raffrontata a quella proposta nell’enciclica, sulle conseguenze implicite nelle due interpretazioni, sulla donna “scarto per eccellenza” e sull’invito, formulato dalla teologa, a cambiare il titolo da “Fratelli Tutti” a “Forestieri Tutti”. La risposta ha preso l’avvio dalla considerazione della propria particolare condizione di marginalità, “A partire da me”: la teologa è donna, straniera in Italia, protestante in un paese a maggioranza cattolica, pastora là dove alle donne è interdetto il sacerdozio. Ha proseguito usando la Scrittura, “A partire dalla Scrittura”, secondo la tradizione evangelica, per illustrarne le possibili letture e la necessità di comunicare le diversità; ha completato il discorso esplicitando che “riconoscere l’altro, non significa non vederne le differenze”.

   Selene Zorzi, sviluppando le sollecitazioni del Di Marco, si è concentrata sull’impegno che dovrebbe essere posto, in ambito ecclesiale e non solo, alla rimozione delle discriminazioni, soprattutto nell’ambito della vita monastica, offrendo pari opportunità di servizio, gestione, attività e conduzione a entrambi i sessi. Non è più accettabile, secondo il parere della studiosa, che si perpetuino discriminazioni, nate in lontane epoche storiche e  in netto contrasto con la realtà sociale e politica del nostro tempo.

   Infine, Simona Segoloni Ruta, ha incentrato il suo intervento sul concetto di “ecclesia”, intesa come popolo, per definizione, perciò, totalmente inclusiva e sulla necessità che da questa concezione venga il superamento delle categorie, della marginalizzazione che la Chiesa, a suo avviso, attua nei confronti di donne, omosessuali, non cattolici e altri. Discriminazioni che segnalano la progressiva distanza tra il sentire comune, la riflessione teologica e il Magistero.

   L’intervento di Antonio Moscianese Santori, del Club del libro di Pineto,

ha brevemente riassunto gli argomenti proposti e le posizioni delle Autrici, con particolare attenzione al problema del linguaggio e al problema del “genere” di Dio, partendo da riferimenti al Testo e auspicandone il superamento. È seguita una vivace discussione, molto partecipata da parte dell’uditorio e interrotta solo dalla tirannia del tempo.

Antonio Moscianese Santori