Il melonicentrismo supera a voti distinti l’esame dei Cento giorni

Avevamo scritto di aspettare almeno i primi cento giorni per esprimere un giudizio informato. Molto è cambiato dopo la vittoria del centro destra: la rigida Meloni dell’opposizione ha rivelato una grande capacità di mediazione e di continuità con il lavoro fatto da Draghi sul PNRR, benché non possiamo dire ancora che sappia utilizzare al meglio i fondi europei. Si è dimostrata una maratoneta nella ricerca delle fonti energetiche e degli accordi con i paesi che affacciano sul Mediterraneo (in
Libia indossava un cappotto da comandante). Il Covid pare aver deciso di offrire una tregua, stemperando di fatto le polemiche sul reintegro dei medici no vax e sulla cancellazione delle multe a chi non si è vaccinato. I sindacati dei benzinai hanno protestato, scioperato, ma alla fine, hanno ceduto.

Non è stato facile per la Premier superare il percorso ad ostacoli con alcuni Ministri. Ma Giorgia ha dimostrato la tempra per tenere la squadra in pugno: nonostante incertezze e improvvisazioni Giorgia non molla il timone: Nordio sulle intercettazioni; Piantedosi con l’uso della Marina e della Guardia di finanza per accogliere i migranti in porti lontani dalla Sicilia; Valditara con gli annunci ingombranti sull’umiliazione degli studenti bulli e sulle gabbie salariali dei docenti; Sangiuliano con le
polemiche su Dante fondatore della destra; il ministro Fratin con la sua scivolata sull’inglese; la ministra dell’Università, Anna Maria Bernini, che ha canticchiato allegramente il  T’appartengo di Ambra Angiolini.

Non sono stati di grande aiuto neanche gli amici della prima ora, come il presidente del Senato Ignazio La Russa (con una celebrazione del MSI, che non è piaciuta alla Comunità ebraica) e il ministro della Difesa Guido Crosetto (con un attacco diretto alla BCE). Per dirla tutta “anche le pulci hanno la tosse”: Fabio Rampelli, da sempre mentore di Giorgia, avrebbe
voluto aprire l’ombrello, ma Giorgia preferisce bagnarsi e non gioca più di rinvio. Se ne sono accorti i Mercati che hanno reagito bene: lo spread è sceso a 175 da 233; la Borsa ha fatto registrare il + 20% da inizio d’anno; un po’ debole, ma il rapporto con l’Europa tiene; dignità e atlantismo nella politica Nato e pro Ucraina; finanziaria, veloce, squattrinata, debole (35 miliardi), con i prezzi dell’energia alle stelle, ma senza “esercizio provvisorio”. Come di consueto non sono mancati problemi con gli alleati di maggioranza, desiderosi di piazzare le proprie bandierine, qualche scivolata come il contante a cinquemila euro, la marcia indietro sul Pos a sessanta euro, il giusto decreto sui rave party attenuato per uscire dalle
strettoie delle accuse liberticide, la battaglia sui migranti con Macron, la sfida alle Ong.

In ogni caso Giorgia ha retto bene e promette un governo di legislatura. Come sarà il prosieguo? Il rospo del MES nonostante la Lega verrà ratificato? Come saranno gestite le elezioni di primavera? Ci saranno sorprese dalla Lombardia di centro destra al Lazio forse di centro destra? Il Melonicentrismo riuscirà a sconfiggere l’insofferenza di Salvini e Berlusconi che cercano di rosicchiare consensi all’attestato 30% dei consensi personali e di fdi?   Si è già messo mano alle riforme identitarie (l’autonomia differenziata e il presidenzialismo).

Condivisibile quanto ha scritto Roberto Gressi sul Corriere della sera (28.1.2003): «Croce e delizia della fase due che sta per aprirsi è il Melonicentrismo. Parte robusta della tenuta del governo pesa sulle spalle di Giorgia, le continue ingenuità della squadra che la costringono a esercitare un controllo continuo, che le fa sperperare energie. Non è soddisfatta, la premier, dell’immagine che si catapulta all’esterno, figlia spesso di improvvisazioni».

Ma ciò che sicuramente non le dà pensieri è il cupio dissolvi dell’opposizione, con il PD che dismesse le accuse al fascismo, è alla disperata ricerca del salvavita e i 5 stelle in cerca di identità tra nostalgie grilline e capriole di Giuseppi.