A Occidente del futuro

A Occidente del futuro

Lia Migale, La Lepre Edizioni, Roma, 2022

Il titolo trova la sua chiara spiegazione nelle ultime pagine, quando un’amica della coprotagonista ammette cupamente di avere difficoltà a parlare di futuro trovando conferma nelle parole dell’amico : “Infatti…è come se il nostro tempo fosse un po’ il tempo dove il futuro muore, siamo nell’occidente del futuro. In un futuro-presente”. La lucida e amara riflessione giunge a conclusione di un dibattito consapevole sul cambiamento climatico, il risparmio energetico, l’esigenza “di mantenere in essere la democrazia” in una vita politica e sociale di continua perdita di diritti. “...Dobbiamo essere pronti ai disastri non solo ecologici ma anche umani e sociali. Ormai possiamo fare forse solo piccole cose, ma io spero che siano tante piccole cose. Perchè dobbiamo lavorare non per il futuro che avevamo immaginato ma per il futuro necessario”- dice Leonardo ad Angelina.

Coprotagoniste del romanzo sono una madre ed una figlia, Eva ed Arianna, unite da un rapporto difficile che si evolve e matura con gli anni in un contesto di amici e amiche che vanno e vengono nella loro casa quasi a riempire il vuoto di una mancanza che si fa a volte imbarazzante, quella del padre. La girandola di personaggi anima soprattutto la prima delle 3 parti in cui la storia è suddivisa, quella del passato, in cui la narrazione è polifonica e tutti prendono la parola raccontando la loro parte delle vicende che si incasellano nel mosaico generale fornendo spesso punti di vista diversi che il lettore deve conciliare. Il nome dell’interlocutore é riportato di volta in volta come in un testo teatrale,  e il diverso carattere tipografico distingue il racconto delle 2 protagoniste da quello dei comprimari.

Nella seconda parte, il presente, prevale il narratore onnisciente che porta avanti la storia in terza persona, lasciando la parola di nuovo alle protagoniste solo negli ultimi paragrafi, anche qui con il variare della grafia dallo stampato al corsivo.

Il romanzo si conclude con la parte relativa al futuro, col sottotitolo  “parlante” I lupi avevano fame, in cui stranamente la parola viene data a Michele, il padre di Arianna ignoto a lei fino all’età adulta ed assente dalla sua vita ma sempre presente come fantasma che aleggiava nei suoi pensieri e nella memoria della madre. In due paginette parla in prima persona anche Angelina, l’amica di Arianna che ci fornisce il suo punto di vista nell’incontro tra il padre e la figlia, un incontro che li lascia apparentemente indifferenti, se non fosse che lei riesce a cogliere uno sguardo intenso, quasi protettivo del padre e un desiderio represso della figlia di accettare l’invito di un viaggio, rifiutato solo per non dare un dispiacere alla madre che non aveva mai voluto rivelare a Michele di aver avuto una bimba da lui.

Romanzo corale in cui si intrecciano numerose vite, stili diversi, tecniche varie, perfino linguaggi differenti, abilmente fusi in un tessuto narrativo dal ritmo sempre coinvolgente e mai lento o fiacco. Si dipanano anche vari fili tematici dagli anni delle lotte dei movimenti di liberazione e delle battaglie femministe fino al crollo delle utopie e all’approdo al realismo della crisi del presente. Si attraversano fasi di convivialità allegra con gli amici, di spienseratezza e viaggi, ma anche di esperienza della malattia, del dolore, della morte. C’è l’ostinazione della donna a volere la propria autonomia e indipendenza che la porta a crescere da sola la figlia senza doversi appoggiare ad un uomo ed insieme il desiderio di vivere un rapporto d’amore e di coppia. Tanti e diversi sono i registri, resi con una varietà di toni veramente sorprendente, dove c’é perfino l’ironia, come nella prima parte che ha come sottotitolo : Il movimento di liberazione delle strade dai vasi da fiore.

Gli anni della gioventù di Eva coincidono con quelli di Lia Migale e con i miei, anni di lotte politiche, di movimenti femministi, di scontri armati e violenti, perfino di stragi, ma animati da sogni di conquiste civili, di diritti sociali, di orizzonti libertari ora rientrati o in discussione. E mi viene in mente il testo di Guccini, Incontro:

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I nostri miti morti ormai, la scoperta di Hemingway,
il sentirsi nuovi,
le cose sognate e ora viste
la mia America e la sua diventate nella via
la nostra città tanto triste

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Cara amica, il tempo prende, il tempo dà,

noi corriamo sempre in una direzione

ma qual sia e che senso abbia chi lo sa.

Restano i sogni senza tempo

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