Obbedire al piano di Dio? L’abuso spirituale delle suore

Riceviamo uno studio di Rocío Figueroa e David Tombs, il cui testo originale è stato pubblicato in inglese (Obbeying God’s Plan? The spiritual abuse of Nuns) di cui riportiamo la prima parte:

“Questo studio propone l’utilizzo del termine abuso spirituale per comprendere i maltrattamenti sistemici subiti da sei ex suore appartenenti alla comunità Serve del Piano di Dio (Siervas del Plan de Dios, o SPD) in Perù, Cile, Colombia ed Ecuador. Nessuna delle suore ha riferito di aver subito abusi sessuali, per cui in questo capitolo ci si concentra sugli abusi spirituali e non su quelli sessuali. Tuttavia, quando l’abuso sessuale avviene all’interno di un’istituzione religiosa, è molto comune che l’abuso spirituale sia un fattore scatenante. Una migliore comprensione dell’abuso spirituale può quindi contribuire a migliorare la risposta della Chiesa all’abuso sessuale.  

Una delle definizioni più sfumate e utili di abuso spirituale è quella offerta dalla studiosa britannica Lisa Oakley:

L’abuso spirituale è una forma di abuso emotivo e psicologico caratterizzato da un modello sistematico di comportamento coercitivo e di controllo in un contesto religioso. L’abuso spirituale può avere un impatto profondamente dannoso su chi lo subisce e può includere manipolazione e sfruttamento, responsabilizzazione forzata, censura del processo decisionale, richiesta di segretezza e silenzio, coercizione a conformarsi, controllo attraverso l’uso di testi o insegnamenti sacri, richiesta di obbedienza all’abusante, suggerimento che l’abusante abbia una posizione “divina”, isolamento come mezzo di punizione, superiorità ed elitarismo.

Oakley inquadra l’abuso spirituale nell’ambito dell’abuso emotivo e psicologico, ma riconosce comunque caratteristiche distintive nell’abuso spirituale che meritano particolare attenzione. In questo capitolo, queste caratteristiche distintive includono i simboli, i testi, gli insegnamenti, i rituali, le preghiere o i leader significativi che operavano nel contesto istituzionale delle Serve del Piano di Dio, ed esaminiamo come questi abbiano contribuito a una comprensione distorta dell’obbedienza e a creare una cultura sistemica di abuso.

Il nostro intento è quello di esaminare l’abuso spirituale come un problema a sé stante e di mostrare anche come e perché l’abuso spirituale può rendere i membri delle istituzioni religiose più vulnerabili all’abuso sessuale.

1. Serve del Piano di Dio

Luis Fernando Figari fondò la comunità di suore Serve del Piano di Dio (SPD) nel 1998. In precedenza nel 1971, aveva fondato il Sodalitium Christianae Vitae (SCV), o Sodalizio, a Lima, in Perù. Il Sodalizio è una società di vita apostolica all’interno della Chiesa, in cui la maggior parte dei membri sono laici consacrati, ma vi è anche un piccolo numero di sacerdoti. Nel 1991, Figari aveva fondato anche la Fraternità Mariana della Riconciliazione (FMR), un ramo femminile composto solo da donne laiche consacrate. La missione della SCV e della FMR è di servire i giovani, assistere i poveri ed evangelizzare la cultura. La comunità di suore SPD è stata quindi la terza comunità fondata da Figari. Il carisma delle SPD è quello di servire i malati e i poveri e come segno di identità, le suore indossano il tradizionale abito religioso.

Nel 2010 il giornalista peruviano Pedro Salinas, ex membro del Sodalizio, accusò Figari e altri leader di abusi fisici, psicologici e sessuali. Nel 2015, dopo cinque anni di indagini, pubblicò il libro Mitad monjes, mitad soldados (Metà monaci, metà soldati) che riporta le testimonianze delle vittime.  In risposta, il Sodalizio nominò una commissione speciale che intervistò più di cinquanta dei suoi ex e attuali membri. Il 16 aprile 2016, la commissione pubblicò un rapporto di dieci pagine che affermava: Il danno è stato perpetrato in una situazione in cui i superiori assunsero una posizione dominante chiedendo un’obbedienza perfetta e assoluta ottenuta attraverso la pratica di una disciplina estrema. (…) Questo modo di esercitare il potere era un tentativo di distruggere la loro volontà individuale.

Figari è stato sanzionato dal Vaticano nel 2017 e ora non può avere alcun contatto con le comunità che ha fondato. Il Sodalizio ha riconosciuto 66 vittime e ha accantonato un fondo di quasi 2,6 milioni di dollari per i risarcimenti.  Tuttavia, durante la commissione speciale, nessuna delle suore fu intervistata sulle proprie esperienze. Alejandra, che aveva lasciato l’ordine quando l’abbiamo intervistata, ha affermato: “Non abbiamo avuto accesso alla commissione. Le autorità delle SPD non ci hanno parlato di commissione o se potevamo chiedere di essere intervistate. Ci hanno detto che l’SPD non ha replicato le cattiverie che si sono verificate nel Sodalizio e che per questo siamo stati la gioia della famiglia spirituale nel bel mezzo di una crisi”.

Dal 2016 al 2021 quasi 30 ex suore delle SPD hanno presentato denunce alle autorità ecclesiali in Perù, Cile e al Vaticano.  Nel 2018, Juan Luis Cipriani, allora cardinale di Lima, ha avviato una visita canonica alle SPD. Tuttavia, nel marzo 2019 Cipriani si è ritirato con la visita canonica ancora in corso. Il nuovo vescovo ausiliare di Lima, José Salaverry, è stato incaricato di portare a termine la visita. Tuttavia, le suore che si sono incontrate con i delegati sono state consigliate dai leader della comunità su come rispondere e sono state interrogate anche da loro alla fine degli incontri. Nel giugno 2021 sono state presentate altre denunce all’Ufficio pastorale cileno per le denunce (OPADE), presso l’arcidiocesi di Santiago, e nel dicembre 2021 il nuovo arcivescovo di Lima, Carlos Castillo, ordinò una seconda indagine canonica sulla comunità.

2. Voci dalla comunità

Alla luce di questi problemi, abbiamo voluto ascoltare direttamente le donne che hanno fatto parte della comunità SPD. L’obiettivo principale di questo studio è quello di dare voce alle donne per raccontare le esperienze vissute nella comunità, spesso dolorose e difficili per loro.

Sei ex suore hanno partecipato a questo studio, avendo fatto parte della comunità per un periodo che va dai 6 ai 17 anni e ora hanno un’età compresa tra i 29 e i 40 anni. Dopo aver ricevuto l’approvazione del Comitato Etico dell’Università di Otago, abbiamo sviluppato e condotto interviste personali strutturate con ciascuna di loro.  Ogni intervista è stata condotta in spagnolo ed è durata circa un’ora. Le interviste sono state registrate su un sistema audio digitale e tutta la informazione è stata trascritta in spagnolo, tradotta in inglese e analizzata. Le interviste descrivono i maltrattamenti subiti dal noviziato fino ai voti temporanei.

La ricercatrice principale dello studio è R. Figueroa che in passato è stata membro della FMR, uno dei rami femminili del Sodalizio. Figueroa ha ricoperto il ruolo di superiora generale della FMR per 9 anni (1991-1998). Dal 2006, molte delle vittime di abusi sessuali e spirituali perpetrati all’interno delle comunità del Sodalizio e dei suoi rami si sono rivolte a lei per chiedere sostegno. Durante questo periodo, Figueroa ha sviluppato un rapporto di fiducia con molte delle vittime. La trascrizione delle interviste è stata resa anonima per mantenere la riservatezza delle partecipanti. I loro pseudonimi sono Jessica, Maricarmen, Gabriela, Rosanna, Alejandra e Rosa.

Quando le partecipanti decisero di entrare nella comunità, lo fecero prima di tutto per il forte impegno nei confronti della missione di servizio e carità. Rosa e Alejandra si sentirono attratte dall’opportunità di lavorare per i poveri e dare sostegno ai bisognosi. Gabriela dice: “La missione delle Serve rispondeva al desiderio che avevo fin da bambina di aiutare gli altri”. Maricarmen parla della sua motivazione come di un desiderio profondo: “quando ero piccola se qualcuno mi chiedeva cosa volevo fare, rispondevo che volevo fare l’infermiera o il medico e aiutare i bambini sotto i ponti”. Una seconda motivazione era il fascino della vita in comunità. Gabriela ha riferito che: “Una cosa che mi ha attratto è stata la loro gioia. Sorridevano sempre. Erano molto disponibili e volevo essere come loro”. Jessica sentiva che la comunità poteva diventare la famiglia che le mancava al momento dell’incontro con le suore: “Ero in una situazione molto vulnerabile. Le suore sono state il sostegno di cui avevo bisogno…. Ho trovato la protezione che non avevo nella mia famiglia”. Una terza motivazione era il carisma della leader. Come ha detto Rosanna: “Era spontanea e gioiosa e apparentemente molto amichevole”.

Alla luce di queste aspirazioni e della loro sovrapposizione con la missione e il carattere dichiarati della comunità, discutiamo qui di seguito alcune delle dinamiche istituzionali che sono servite a frustrare o deludere queste speranze e che in alcuni casi si sono tradotte in ciò che dovrebbe essere riconosciuto come abuso spirituale.

a. Il piano di Dio

Rosa ha spiegato che l’ideale delle SPD era diventare sante, ma questa santità era intesa come perfezionismo: “Dovevo essere perfetta”, ha detto Rosa, “nella vita di tutti i giorni, c’era un’enorme pressione a fare le cose correttamente e a raggiungere la perfezione. C’erano richieste rigorose e millimetriche che generavano in me un’enorme tensione interiore. Avevo una paura esagerata del minimo errore e di essere poi maltrattata”. Questo perfezionismo è stato instillato da un regime quasi militare. Gabriela ricorda come le autorità menzionassero costantemente l’importanza di essere dure: “volevano fare di noi donne forti, una caratteristica che era molto stimata nelle Serve”. Rossana ci fa un esempio: “Non sapevo nuotare. I responsabili della formazione mi chiedevano di tuffarmi in piscina e se mi aggrappavo ai bordi mi staccavano le dita con un bastone. Quando ho espresso la mia preoccupazione a un’altra superiora, mi è stato detto che se volevo servire Dio, dovevo essere una donna forte e non mettere mai in discussione le sorelle responsabili. A causa di questa istruzione nella mia testa ho lasciato che continuasse”.  

Per Gabriela l’obiettivo era “amare il carisma sopra ogni cosa. Credo che mi abbia attratto il modo in cui l’ordine si presentava: l’uso dell’abito e il loro stile di vita erano un’opzione molto radicale. Ci hanno fatto amare il carisma come migliore di qualsiasi altro carisma in circolazione: eravamo radicali, pregavamo, eravamo perfette. Nel nostro inconscio collettivo, consideravamo di essere le migliori; e per raggiungere questo obiettivo la comunità aveva un’eccessiva cura delle apparenze: le autorità dicevano alle suore che erano in sovrappeso di mangiare meno e di fare esercizio la sera. Ad esempio, durante l’inverno cileno, una suora fu mandata dopo cena a fare esercizi alle 11 di sera perché era troppo grassa. Era considerato inconcepibile essere grassi”.

Strettamente legati all’idea di santità, i frequenti appelli al “piano di Dio” potevano anche diventare uno strumento di abuso. Mentre l’impegno comune verso il piano di Dio non sorprende, visto il nome della comunità, e un forte impegno personale verso il piano di Dio era ovviamente appropriato e prevedibile, il modo in cui il piano di Dio veniva presentato poteva essere abusivo. Il discernimento del piano di Dio non era qualcosa che lasciava spazio al propio senso di orientamento o al discernimento personale. Gabriela ha spiegato: “Erano loro a decidere qual era il piano di Dio per te: secondo quanto mi è stato insegnato dalle suore che hanno guidato il mio discernimento vocazionale, il piano di Dio era UNO, una sola vocazione, un solo cammino ed era direttamente collegato alla mia felicità. Credevo che se non diventavo una Serva del Piano di Dio non sarei mai stata felice”.

Quando Maricarmen ricorda i suoi anni in comunità, dice: “Un problema è il modo in cui si vivevano i voti. L’obbedienza era vissuta in modo molto repressivo, senza libertà, senza libertà di pensiero”. Questa mancanza di libertà si è manifestata anche durante il discernimento vocazionale. Jessica ha affermato di essere stata manipolata dalle suore nel suo processo di discernimento: “In comunità non mi hanno mai parlato di discernimento. Al contrario, mi hanno sempre ripetuto che erano sicure della mia vocazione e che i miei dubbi erano dovuti alla mia rabbia e alla mia ribellione, ma che nel profondo vedevano che avevo una vocazione”.

Alcune partecipanti hanno rivelato di avere poca libertà spirituale e poco controllo sui propri rapporti personali con Dio. Jessica era obbligata a pregare ciò che le autorità chiedevano: “Ci mandavano a pregare, ma ci davano i testi specifici del Vangelo che volevano che meditassimo, e ci davano anche dei commenti specifici dei Vangeli. Non abbiamo mai pregato né letto nulla di ciò che volevamo. Non abbiamo mai pregato altri santi: per esempio, Madre Teresa di Calcutta era proibita”. Alejandra ricorda che: “Pregavamo sedute ai nostri banchi. Alcune di noi avevamo un santino o un’immagine di Santa Teresa del Bambin Gesù. Ci dissero di togliere quella santa perché non apparteneva al nostro carisma”.  Maricarmen ha menzionato un divieto simile: “Stavo cantando una canzone al cuore di Gesù. La superiora mi disse che era troppo sentimentale e mi fu proibito di cantare quella canzone”.

Sono state usate anche frasi particolari per far identificare le suore con la comunità. Esempi sono: “Sii santa”, “Obbedisci al Piano di Dio” o “Ama il carisma”. Jessica ha affermato che: “Arrivavi e ti insegnavano frasi ad effetto dal momento in cui ti svegliavi”. Rosa cita alcune frasi: “Altre frasi preferite dalle sorelle erano “Chi obbedisce non sbaglia mai”, “Una serva non pone limiti all’amore”, “l’autorità è la voce di Di”. È impressionante vedere come tutte le sorelle ripetessero costantemente le stesse frasi”.

Secondo Jacques Poujoloi, l’abuso spirituale si verifica quando l’espressione stessa di sé dell’individuo viene modificata e viene richiesto un tipo di auto-identificazione con il gruppo. Secondo Poujoloi, in un gruppo disfunzionale la comunità diventa il necessario e unico intermediario tra Dio e la persona. Tutte le relazioni tra Dio e la persona sono valutate o mediate dalla comunità. In questa de-personificazione, la libertà spirituale di creare la propria identità e il proprio sé spirituale viene negata e persa.”

La seconda parte dello studio sarà pubblicata nel mese di maggio