Ma cosa c’è da ridere?

Non ho seguito il Festival se non a tratti, vista la lunghezza delle trasmissioni, ma qualche impressione mi è comunque arrivata agli occhi ed alle orecchie…specie il pullulare di cantanti che divorano il microfono e mugugnano frasi incomprensibili ( ma forse è meglio così perché sarebbe peggio coglierne il senso ), più attenti al loro look che alla prestazione canora. Riconosco che alcune belle voci si ascoltano con piacere, però anche loro affondano in una specie di andazzo inesorabile : filastrocche lunghissime e monotone, testi ad effetto ma che non riescono a dire granché e che forse servono unicamente a nascondere la povertà della musica.
Adesso qualcuno dirà : ecco la solita tiritera della vecchia guardia, che non comprende il nuovo, con le sue armonie ed i suoi messaggi!
D’accordo, sarò fuori tempo, e ogni epoca avrà i suoi gusti,però non credo di essere così matusa, come si diceva una volta, mi piacciono tutti i generi ed anche il rap, quando è ben fatto, cioè quando propone contenuti interessanti, sostenuti da una base musicale. Oggi invece tutto è artificiale, il ritmo, le armonie, i testi spezzettati in frasi brevi e scollegate fra loro, che ripetono tormentoni che, ci scommetto, in molti casi non saprebbero spiegare neppure gli autori…insomma, l’asticella del buon gusto si sta abbassando sempre più, i ragazzi, miracolo divino, conoscono a memoria, parola per parola, i testi dei rapper, mentre sono generalmente incapaci di memorizzare, che so, i verbi irregolari, le epoche storiche, la posizione delle nazioni, e questo la dice lunga su quello che fanno dopo la scuola….
Ma veniamo al mio cruccio principale : cosa c’è da ridere?
Amadeus è bravo e disinvolto, ma avverte la necessità di ridere in continuazione, forse ride anche mentre dorme, ride Fiorello, ridono gli ospiti…si recita una farsa continua dove tutto è magnifico, al top, e discorsi banali, di assoluta normalità, suscitano reazioni incontrollate di euforia e giubilo.
Purtroppo anche Fiorello, che è senza dubbio il meglio tra i conduttori, arguto, brillante, si è però adeguato, discorsi più leggerini, battute facili facili, diluvio di parole e risate, trascurando la lezione dei grandi comici di ogni tempo : non devono ridere gli attori, deve ridere il pubblico, altrimenti tutto risuona come una nota falsa, e sembra che se la cantino e se la suonino fra di loro, per cose, come dicevo, per niente comiche.
Ma tant’è, in un mondo che fa dell’apparire e dell’esagerare la sua cifra stilistica, non possiamo aspettarci altro, guai ad esporsi con una riflessione critica, un pensiero personale, anche perché, pensandoci bene , i giovani oggi non credo riderebbero per una gag di Villaggio, o di Proietti, o dello stesso Celentano, con i suoi siparietti di memorabili silenzi.
Il mondo cambia, e mi sta piacendo poco, ma non mollo, continuo a sperare che si possano trovare vie nuove e, perché no, anche che avvenga, prima o poi, qualche miracolo canoro.
Lucia Pompei