L’arte degli “Anni Folli”

L’arte degli  “Anni Folli”

Per proseguire quanto abbiamo trattato in precedenza, cogliendo una parte minima di ciò che avvenne nel mondo delle arti figurative tra la fine del IX° e gli albori del XX° secolo, andremo oggi a dare un’occhiata a ciò che connotò il periodo subito successivo, quello che passa più o meno fra il 1920 e il 1930,  denominato da Francis Scott Fitzgerald come quello degli “Anni Folli”.

Siamo ancora agli albori di un secolo “ruggente” che, particolarmente in questo decennio, mostra tutta la sua costruttiva fecondità muovendosi fra mille contraddizioni che poi si acquietano e si risolvono, invece,  in espressioni  di forte coerenza dentro un contenitore non privo di  pessimismo. L’arte prende radicali posizioni e afferma sempre  più il suo linguaggio nuovo, capace di tradursi nella realtà più vera,  quella interiore.

La grande guerra ha scosso le coscienze dimostrando la totale sconfitta degli ideali ed ha assunto  una sua funzione purificatrice. L’individuo viene posto al centro ma viene  guardato con attenzione pari a quella riservata alla società. Egli è una unità inconfondibile ma proiettata nel molteplice di cui mostra una sfrenata volontà di analisi per intraprendere la quale si impongono conoscenza e presa di coscienza sempre più profonde.

In tutto ciò  è nascosta, però, una grande insidia, quella dell’invasività di troppi individualismi che alla fine condurranno, in campo sociale, al totalitarismo politico, in quello economico a pesanti momenti di crisi e perturberanno molteplici ulteriori aspetti della vita di quei tempi.

L’arte è sicuramente il solo fenomeno che esce in attivo da questo periodo di esaltanti scoperte e  grandi incertezze. Il suo è il processo più creativo della civiltà del momento in cui si evidenziano due tendenze parallele, capaci, tuttavia, di interferire  fra di loro.  L’una si riferisce in modo spiccato ad un “meccanicismo” che sembra voler negare  spazio all’immaginario mentre poi lo include all’interno di numerose astrazioni. L’altra si  manifesta invece come liberazione di un’ansia spirituale che cerca uno svuotamento di coscienza abbandonandosi al “puro immaginario”.

Spero non mi si contesti se nella prima tendenza io colloco esemplarmente Piet Mondrian, con il suo, solo apparente, plasticismo geometrico, e nella seconda, sopra tutti gli altri, Marc Chagall e il suo magico mondo di sogni.

Siamo dunque alla scoperta dell’inconscio, iniziata dalla  stimolazione della scienza e delle sue conquiste, divenuta poi impulso interiore ed individuale che rifiuta  ogni codificazione, compresa quella fornita dalla scienza stessa. La sollecitazione della coscienza si manifesta come creazione libera da ogni vincolo, quale pura espressione delle stessa.

 

Piet Mondrian – ‘Alberi in fiore ‘ (1912)

Sarà il “segno”  l’unico portatore del valore di tutte le forme espressive, come simbolo non dell’oggetto ma del soggetto che si propone di affidargli il suo messaggio.

Se guardiamo un po’ indietro, troviamo già in atto il percorso che vede una graduale eliminazione dell’immagine ispirata alle posizioni rinascimentali,  sostenuto da altrettante teorie che sono, a seconda dei casi, quelle dei cubisti, dei simbolisti, dei Fauves e così via.  In costoro si tratta sì di individuare forme di percezione non soltanto visiva, ma senza escludere l’oggetto che resta sostanzialmente al centro dell’indagine e nella conseguente espressione di quanto maturato.

 

Piet Mondrian ‘Composizione’ (1921)

Adesso invece si parla di un “quid” a sé stante, come ci dice Kandinsky :  “l’opera d’arte vera nasce dall’artista … se ne stacca, acquista una vita autonoma, diventa un soggetto indipendente, animato da un soffio spirituale … non è questione di sapere se una forma esterna è o no rispettata…”

Con questo si dichiara che attraverso il filtro dell’immaginario si può andare “oltre l’oggetto” per giungere ad una “migliore intelligenza delle cose” facendo dell’opera d’arte un vero e proprio “essere”. E di tutto ciò si sente il bisogno di dare comunicazione.

La grande spinta al passaggio delle idee, all’uscir fuori dal sé per annunciare un nuovo modo di intendere e di vivere è testimoniato anche  dal grande fervore delle “riviste” che in questo tempo, più che mai, nascono e si diffondono.

Il messaggio che si porta avanti è lo stesso contenuto nei vari “manifesti”, nelle mode, nell’ansia di libertà totale che si traduce spesso in eccessi, gli stessi che hanno da sempre affiancato il tormento dell’uomo in cerca di nuove verità a sollievo dei suoi dubbi eterni.

Mondrian  ci offre  un tangibile esempio di “excursus” personale che lo vede partire come disegnatore di sereno conformismo,  proteso verso l’esperienza “fauve”,  passato anche ad osservare il fenomeno cubista ma in cerca di una dimensione tutta sua.  Porge pure ascolto alle lezioni di Cézanne  per poi approdare, con mente serena e col desiderio di avvicinarsi più possibile all’ordine cui anela,  ad una sorta di “ neoplasticismo” dentro cui serra la sua timidezza spirituale  mostrando la granitica fermezza delle menti pure. Lo osserviamo comparando  due opere che riportiamo sopra: “Alberi in fiore” del 1912 e “Composizione” del 1921.   E vediamo come Mondrian va ad assumere una posizione tra le più significative di un processo di astrazione  inteso come purificazione.

 

Marc Chagall -‘Passeggiata’ (1917)

La seconda proposta visiva e  relativa a Marc Chagall, l’affascinante sognatore che dipinge sospeso fra cielo e terra.

Chagall trabocca di  colori teneri, quasi che voglia espanderli sul mondo, rappresentato dal paesaggio che fa da sfondo alle sue creature volanti.  Fa uscire Il colore  dai contorni, lo soffonde sulla tela come augurio di serenità.   In lui, l’ espressionismo, voluto o no,  passato anche attraverso l’esperienza cubista, si fonde ad un simbolismo fiabesco  chiaro e manifesto che diventa ben presto surrealismo  Ogni sua opera ne è dimostrazione. Ne facciamo seguire due: la celebre “Passeggiata”, manifesto dell’amore di Marc per la giovane moglie. Nell’opera fa volare di felicità la sua sposa che, tenendolo per mano, la trasmette anche a lui. Lui resta collegato alla terra quasi a garantire alla sua donna quelle realtà necessarie per la vita.

 

Marc Chagall ‘ Violinista verde’ (1923)

E ancora il “Violinista verde”, spesso selezionato per le locandine di mostre dedicate al nostro autore,  di una originalità e finezza imbarazzanti, ancora simbolo del mondo onirico – reale alla base di quella che meglio definirei una grande poetica pittorica che si manifesta e prende corpo pur fra gli svolazzi dei cabarets e le immagini dissacranti  delle tante riviste in voga.