Percy Bisshe Shelley: “Spirito di Titano entro virginee forme”

Percy Bisshe Shelley: “Spirito di Titano entro virginee forme”

Questa la definizione che Giosuè Carducci, nelle sue Odi barbare, dà del poeta inglese Percy Bisshe Shelley che, con Byron, Keats e altri poeti minori, appartiene alla seconda ondata romantica.

In vita Shelley non attrasse l’attenzione dei letterati italiani con i quali non cercò rapporti, a differenza di Byron. Cominciò ad essere apprezzato solo nella seconda metà del XIX secolo, grazie alla pubblicazione di saggi e alla traduzione di molte sue opere che suscitarono l’ammirazione di Carducci e di D’Annunzio, che lo videro come mistico e rivoluzionario.

Appartenente ad una famiglia titolata e benestante, Shelley nasce nel Sussex e completa la sua istruzione ad Eton, dove è fatto segno a prepotenze di ogni genere da parte di altri allievi: da qui il suo odio per la sopraffazione e l’oppressione che in seguito sarà il tema dominante di molti suoi scritti. Passato ad Oxford, il suo grido di ribellione si concretizza nel libello Necessità dell’ateismo; ne segue l’espulsione dall’Università insieme con Thomas Hoggs, suo futuro biografo. Forse, come ha osservato qualche critico, in un giovane come Shelley, l’opuscolo sta a significare la ricerca e la necessità di una fede che talvolta lo porterà ad esclamare: Se Dio è ovunque, perchè rinchiuderlo in un tempio?

Dopo la parentesi universitaria, si cimenta nella scrittura, inizialmente con scarso successo; segue la fuga in Scozia con una giovanissima Harriet Westbrook che sposerà ad Edimburgo.

Entrato in contatto con il filosofo progressista William Godwin e infiammato dalle sue idee radicali e rivoluzionarie, si dedica a vigorosi scritti politici e compone le sue prime opere poetiche. Separatosi da Harriet, fugge con la figlia di Godwin sul continente, dove la coppia trascorre alcuni anni girovagando di città in città. Dopo un breve ritorno a Londra, i giovani passano del tempo in Svizzera, ospiti di Byron nella sua villa sul lago di Ginevra. Mentre Shelley continua a comporre, anche Mary inizia a scrivere il celebre Frankenstein.

Dopo la morte di Harriet, suicidatasi in un laghetto di un parco, il poeta sposa Mary e, grazie all’eredità di un nonno, inizia con lei il Gran Tour in Italia, spostandosi da Lucca a Venezia, poi a Napoli e a Roma, per stabilirsi a Villa Magni fra Lerici e S.Terenzio, sul golfo di La Spezia. Il perodo italiano, anche se sofferto dal punto di vista personale (Shelley perde un fratello ed uno dei suoi figli), è ricco di lavoro. Nei luoghi più suggestivi d’Italia vedono la luce opere di grande pregio: Prometeus unbound, la tragedia The Cenci e le celebri Ode al vento dell’ovest e Ad un’allodola.

Fossi foglia morta che tu potessi portare,/ fossi una veloce nuvola per volare con te/ un’onda che ansima sotto il tuo potere e condivide/ l’impulso della tua forza soltanto meno libero/ di te./ Oh tu, che sei incontrollabile/ se anche fossi ancora un fanciullo e potessi essere/ il compagno dei tuoi viaggi vagabondi…Ti prego sollevami come un’onda, una foglia, una nuvola!/ Cado sulle spine della vita./ Sanguino!/ Un peso gravoso di ore ha incatenato e piegato un essere a te troppo simile: indomito, veloce e orgoglioso. (Ode al vento dell’Ovest, IV strofa)

La tragica morte in mare avviene nel luglio del 1922: rientrando in barca dopo una gita a Livorno, Shelley viene sorpreso da una violenta tempesta; dopo il naufragio il corpo viene trovato sulla spiaggia di Viareggio e qui cremato alla presenza di Byron ed altri amici. Abbastanza stranamente, il cuore resiste al rogo e verrà consegnato alla moglie Mary che lo vorrà sulla sua tomba a Bournemouth. Sarà anche lei a volere la sepoltura delle ceneri nel Cimitero acattolico di Roma, non molto lontano dalla tomba di John Keats.

Autenticamente romantico per l’immaginazione cosmica, per l’uso del linguaggio e per la tensione alla libertà morale e politica, Shelley può essere considerato non certo un Titano ma uomo fragile nello spirito lacerato da aspirazioni titaniche. Personaggio esuberante, inquieto e ribelle, porta nella sua opera le sue incertezze e contraddizioni, ragione ed intense emozioni, realtà ed utopia, impegno e natura visionaria espressi in uno stile denso di immagini, ripetitivo fino all’ossessione. Shelley è radicale e anticonformista in tutti gli aspetti della sua esistenza e si ribella contro la famiglia, la Chiesa e il matrimonio, considerati ostacoli alla felicità e al progresso. Crede invece nell’amore universale esteso a tutte le creature viventi.

A distanza di duecento anni dalla morte, la sua vita e la sua personalità sono ancora oggetto di discussione ma sono i suoi sogni, i soliloqui retorici, le visioni ed i dialoghi drammatici ad avergli garantito l’immortalità.

Sei tu pallida per tedio/ di salire su per il cielo e contemplare la terra/ vagando tutta sola/ fra le stelle che ebbero diversa nascita/ E sempre mutevole, come un occhio privo di gioia/ che non trova alcun oggetto degno della tua costanza! (Alla luna)