Ezra Pound, “il poeta che divide e che include”

Ezra Pound, “il poeta che divide e che include”

Così molti critici hanno definito Ezra Weston Loomis Pound (1885-1972), massimo poeta di lingua inglese del novecento, la cui influenza sulla poesia del secolo scorso è pari a quella di Picasso sulla pittura. Su Pound è stato scritto di tutto ed il contrario di tutto e, a distanza di cinquant’anni dalla sua morte, il dibattito è ancora aperto.

Nato in una tranquilla famiglia di quacqueri nell’Odaho, Stati Uniti, ebbe un’esistenza talmente tormentata da finire per molto tempo rinchiuso in un manicomio criminale. Brillante compositore di versi fin dall’età di undici anni, studiò profondamente le letterature dell’Europa, che lo aveva affascinato nel suo primo viaggio fuori dalla madrepatria. Laureatosi, decise di visitare il vecchio continente; un breve periodo a Venezia, dove pubblicò la sua prima opera, A lume spento, fu seguito da una lunga permanenza a Londra, dove incontrò altri illustri letterati di lingua inglese, Joyce, Keats, e Eliot. Collaborò anche alla stesura delle loro opere aiutandoli economicamente. Spirito inquieto e libertino, sposò una pittrice inglese, Dorothy Shakespear nel 1914, ma dopo qualche anno iniziò una relazione con una giovane cantante dell’epoca, Olga Rudge, unione dalla quale nacque la figlia Mary.

Passò del tempo prima che Dorothy accettasse un ménage a tre. Dopo un breve periodo a Parigi, i tre decisero di stabilirsi in Italia, a Rapallo. Per Pound quel che contava era “l’amore. Tutto il resto è spazzatura“. Ma anche la poesia e l’impegno politico erano altrettanto importanti e non esitò a schierarsi a favore del partito fascista. In Mussolini, che ebbe modo di incontrare personalmente, vide un uomo in grado di trasformare l’Italia, un’alternativa ai politici del tempo privi di morale, corrotti ed incapaci di governare il paese. Dal 1943 al 1944, in molte trasmissioni radiofoniche criticò la finanza internazionale, le banche e gli usurai che affamavano la gente bisognosa; per Pound le democrazie occidentali erano in realtà “usurocrazie“. Nel 1945, dopo la sconfitta delle forze armate nazifasciste, i partigiani lo arrestarono per aver collaborato con la Repubblica Sociale e lo consegnarono agli uomini del controspionaggio americano. Dichiarato traditore, fu rinchiuso in un campo di concentramento vicino Pisa. La sua cella era in realtà una specie di gabbia, senza pareti e servizi igienici, illuminata da accecanti riflettori di notte.

Dopo qualche tempo Pound cominciò a manifestare segni di cedimento fisico e mentale e venne trasferito nell’infermeria del campo, dove ultimò i suoi Canti Pisani. Seguirono il trasferimento in patria e l’internamento in un manicomio criminale a Washington perchè ritenuto schizofrenico, diagnosi a lungo contestata dai pochi intimi autorizzati a visitarlo. Ritenuto inidoneo ad affrontare un processo, fu liberato grazie anche alla petizione firmata da intellettuali di tutto il mondo: “Liberate Pound: le sue poesie non possono essere rinchiuse in un manicomio!” Pound lasciò per sempre gli Stati Uniti ritornando in Italia e fissando la residenza a Venezia.

Provato nella salute e nello spirito, fu assistito da Olga e Dorothy fino alla morte, avvenuta il primo novembre 1972. Nel suo ultimo viaggio, fu accompagnato da quattro gondolieri sull’isola di San Michele e sepolto non lontano dalla tomba di Igor Stravinskij. Sulla tomba, solo il suo nome. “Spero che qualcuno domani vada a portare un fiore sulla tomba di mio padre”: è l’auspicio espresso in un’intervista lo scorso anno, 50 anni dopo la morte del poeta, da Mary de Rachejwitz Pound, 97 anni, figlia avuta da Olga e inizialmente illegittima. “Non era difficile vivere con lui un rapporto padre-figlia; era molto affettuoso e cercava di trasmettermi le cose che conosceva”. Quanto agli insegnamenti più ideologici, per Mary le posizioni di suo padre “erano molto sensate: lui ha semplicemente guardato Mussolini negli occhi e lo ha capito immediatamente. Chi strumentalizza il nome di Pound compie un sopruso.. Lui non aveva neppure una casa, né possedeva beni. La sua adesione al fascismo era basata sulla constatazione che dopo la prima guerra mondiale molti, sia in America, sia in Europa, avevano paura del comunismo e Mussolini rappresentava una salvezza da quel pericolo. Lo fece perché credeva nell’individuo e nella proprietà privata, ma non nell’interesse privato, che è un’altra cosa”.

Nel dopoguerra Eugenio Montale ed altri letterati italiani hanno dedicato saggi e conferenze all’opera e alla figura del poeta americano. Pierpaolo Pasolini rimase affascinato dai Canti Pisani, dove è testimoniata l’acquisizione di pietas, assente nel resto dei Cantos. Lo scrittore friulano incontrò Pound a Venezia nel corso di un simposio di letteratura. C’erano solide fondamenta ideologiche ad unirli: l’uno legato al mito dell’Italia rurale e contadina, l’altro al mito dell’America dei pionieri; da questi elementi scaturivano la comune avversione alla guerra, all’egoismo del capitalismo e l’amore vivissimo per le espressioni nazionali, popolari e tradizionali.

Per quanto riguarda la critica, Pound è il poeta che per primo si è staccato dalla poesia anglosassone tradizionale, creando nuovi ritmi e forme, influenzando tutti gli sperimentalismi del novecento. “I suoi versi – scrive in un saggio Anna Rizzo – sono volutamente difficili ed invitano i lettori a ricercarne il significato, come faticosa è la ricerca di un senso dell’esistere”.

Se un uomo non è disposto a lottare per le proprie idee, o le sue idee non valgono nulla o non vale niente lui” (E.P.)

“La guerra? Il vero guaio della guerra moderna è che non dà a nessuno l’opportunità di uccidere la gente giusta” (E.P.)